Film visti che mi hanno lasciato qualcosa
L’Ultimo dei Mohicani
Leggere questo articolo, se così si può definire, senza aver visto il film L’ultimo dei Mohicani del famoso regista Michael Mann uscita nel 1992 non ha senso in quanto fa del tutto riferimento a quella pellicola. Invito comunque tutti coloro che non lo hanno visto a vederlo appena gli sarà possibile.
Il film, secondo la mia modesta opinione, merita davvero la pena di vederlo, anche se non ha alcuna pretesa di straordinarietà e per la trama che di per sé non ha nulla di speciale ma innanzitutto per la straordinaria ampiezza delle scene e l’intensità del respiro visivo.
Sicuramente per l’estrema bravura dell’attore principale Daniel Day-Lewis nell’affascinante ruolo di Occhio di Falco (Hawkeye) interpretato in modo magistrale e degli altri attori tutti molto bravi nei rispettivi ruoli, Russel Means in quella del mohicano Chingachook, Erich Schweig in quella di suo figlio Uncas.
Li affiancano le due donne,la splendida Madeleine Stowe che interpreta la sensuale Cora di cui il protagonista si innamora e Jodhi May nella sorella Alice di cui si innamora Uncas.
Stupenda e coinvolgente lacolonna sonora scritta da Trevor Jones e Randy Edelmann che sostiene il film in tutto il suo svolgimento.
La pellicola si basa sul romanzo storico di J.F.Cooper e tratta di un avvenimento vero, l’asseddio delle truppe francesi al forte inglese William Henry, la sua distruzione e il successivo massacro delle truppe inglesi ad opera degli indiani Uroni comandati dal capo Magua durante la guerra dei 7 anni per il dominio coloniale in America.
Non è certo mia intenzione fare una critica positiva o meno sul film, d’altronde quando è uscito, dato il successo, l’opinione del pubblico e ancora di più quella dei critici lo hanno esaminato, studiato, giudicato nei minimi particolari per cui ci sarebbe ben poco da aggiungere.
Al di là delle celebrazioni e delle condanne di accentuato lirismo e scarsa vericidità storica (il generale Murno non venne trucidato- La figlia Alice era una mulatta nata da una relazione quando il comandante era di guarnigione nei Caraibi- nella strage perirono anche moltissimi indiani, i più infettatisi di vaiolo con le coperte rubate al forte) l’aspetto che mi ha più colpito nel film è la quasi assenza di parole, di discorsi.
Infatti i personaggi sono caratterizzati proprio dalla loro essenzialità di battute,dai loro bellissimi silenzi. Tutta la pellicola respira questa bellissima, romantica a volte assordante assenza di parole.
Bisogna cogliere questo aspetto del film con sensibile attenzione altrimenti nella rapidità del movimento delle scene rischia di sfuggire, il susseguirsi rapido dell’azione può mascherarne l’incantevole suggestione, in fondo è il messaggio più forte ed intenso che da il film, l’essenzialità del linguaggio, il totale ripudio del superfluo, l’inutilità della parola fra persone in piena sintonia mentale e spirituale
Questa essenzialità di parole, l’intesa spirituale che consente di capirsi con uno sguardo, l’azione immediata che non ha bisogno di spiegazioni o di giustificazioni, scava una voragine incolmabile fra quegli uomini e l’uomo moderno, uomini come quelli sono veramente esistiti e la loro levatura morale segna il profondo degrado etico, sociale e culturale della nostra attuale umanità.
Per gli uomini della nostra epoca, che ancora conservano una reminiscenza di quella tipo di vita, il ricordo di quegli uomini è una sofferenza. La prontezza e determinazione della loro azione che nasce dalla consapevolezza innata dell’ etica e della giustizia evocano personalità al giorno d’oggi improbabili e titaniche, quel loro silenzio suona come una schiaffo morale
Facciamo qualche esempio concreto, sediamoci in poltrona e guardiamo qualche spezzone di film: Cora viene catturata dagli Uroni, destinata ad essere bruciata viva, Occhio di Falco si presenta al campo degli Uroni, suoi tradizionali nemici, per offrire la sua vita al posto di quella dell’amata.
Veniamo al presente, fra le tante coppiette di innamorati circolanti quanti saranno i maschietti disposti ad un sacrificio del genere senza battere ciglia? quanti saprebbero avanzare imperterriti fra una schiera di selvaggi pieni di odio che ti ostacolano, ti picchiano, ti sputano in faccia senza mostrare il minimo cedimento, reazione o disappunto? Meglio non rispondere
Oggi faremmo così “Lasciami stare selvaggiooo”, “Ahiaha, cattivi, mi fate male- Buzzoni, incivili- Non ho neanche l’acqua ossigenata per disinfettarmi“. E Chingachook, padre putativo di Hawkeye, ma pur sempre padre che nutre un affetto totale per il figlio, non apre bocca, sa che sta rischiando di perderlo per sempre ma sa anche che il figlio sta facendo la cosa giusta, che ubbidisce al cuore, e non s’intromette.
Ma torniamo ai tempi nostri, vediamo un padre “moderno”: “Ma sei matto, vorresti morire al posto suo?- Sacrificarti per quella, ehm, quella . Lei girato l’angolo non sa nemmeno più- ma fammi il piacere, lascia che bruci, sai quante donne”.
E il sacrificio del maggiore Eyward, ufficiale traditore, che davanti all’eroico comportamento del rivale si pente e si offre lui al posto della ragazza, qui siamo a livelli di personaggi Dostoevskyani, asceti del bene e del male, altro che mediocri comparse della vita reale.
Torniamo a sederci: Occhio di Falco, insieme alla sua bella e ai compagni, fugge mentre il povero maggiore sta bruciando, Chingachook, senza una parola, ripeto senza una parola, senza battito di ciglia, getta il fucile al figlio che imbracciatolo con un colpo preciso uccide l’ex- rivale per terminarne le atroci sofferenze, e anche lui senza una parola si volge e riprende a correre.
Ma l’inquadratura, il primo piano rendono l’intensità dei sentimenti di quegli”Uomini”. Traspare tutta la loro forza prorompente proprio in quella assenza di parole, quegli uomini sono pieni di dolore ma soffrono in silenzio come si addice a personaggi di quella caratura, con dignità, forza e carattere.
Io temo di non scherzare quando affermo che rinuncerei forse alla mia vita per vivere un anno l’intensità di quei titani, la straordinaria, sublime, affascinante unione spirituale che li collega, che ne fa un tutt’uno, che li fa agire senza appunto il minimo bisogno di parlare, senza un dubbio, una reticenza, una smorfia.
Ma veniamo a noi, stessa scena: Gli Uroni hanno appiccicato il fuoco al povero maggiore: “Ca………..sta bruciando vivo- Già chissa che male- Bisogna fare qualcosa ma cosa ?- Mio Dio, Mio Dio, non si può fare proprio niente- Beh, forse potrei sparargli- Sparargli? sei sicuro- Sicuro un corno ma qualcosa bisogna pure fare- Ma sei sicuro di centrarlo?, a questa distanza..” Finalmente parte il colpo, ce ne vogliono altri 2 per completare l’opera, nel contempo il povero Eyward è quasi bruciato del tutto ma quel che andava fatto è stato fatto.
“Mio Dio, povero me, cosa ho dovuto fare, non saro mai più lo stesso- Mi sveglierò tutte le notti con l’incubo- Qualcuno ha un aspirinaaa? un Moment ?”.
Altra scena bellissima quella del momento della forzata separazione di Occhio di Falco dalla sua amata Cora, i fuggiaschi, inseguiti dagli Uroni, devono abbandonare nelle loro mani le due ragazze per salvarsi e garantirsi la remota possibilità di salvarle. Qui c’è una delle frasi più lunghe pronunciate dal protagonista: “Devi vivere, non importa quello che accadrà, io ti troverò, non importa quanto ci vorrà, fosse anche un secolo, io ti troverò”
Che momento magico, che frase stupenda, esiste forse dichiarazione d’amore più bella? Detta poi da un uomo di quel calibro si coglie in tutta la sua totale ed intensa vericidità, non c’è dubbio che l’uomo impiegherà, se necessario, tutta la vita nella disperata ricerca.
La stessa frase, detta purtroppo ai giorni nostri, sia si tratti di un giovane pallido ed emanciato, un pò anoressico e magari un pò sniffato che da un palestrato tutto muscoli, pieno di tatuaggi, con il gel nei capelli e l’abbronzatura alla “Riace” suonerebbe forse di più come una presa in giro che una vera e propria dichiarazione d’amore.
Il film, sostenuto appunto fino alla fine dalla insuperabile colonna sonora, termina con la scena finale della battaglia per liberare le due donne, altra scena di grande suggestione. I tre amici dopo una corsa frenetica, un inseguimento senza pausa raggiungono gli Uroni guidati da Magua(interpretato magistralmente da Wes Studi)altra figura, nella parte del cattivo, di titanica presenza. Uncas precede di poco il padre e l’amico-fratello, nel veemente desiderio di vendicare l’amata Alice suicidatasi per sfuggire agli indiani, è troppo precipitoso nell’attacco all’esperto e fiero Magua che lo uccide e che a sua volta cadrà subito dopo sotto i colpi di Chingachook.
Anche le tre morti, quella di Alice, di Uncas e di Magua avvengono senza parole, tutti vanno incontro al loro destino senza far rumore, senza la minima lamentela, tutti e tre hanno tempo per rendersi conto di morire ma nessuno mostra il minimo segno di sconforto, la minima ribellione, se ne vanno con la silenziosa dignità delle grandi anime. Significativa soprattutto in questo senso la scena della morte di Magua che sa che il suo avversario è il padre del giovane appena ucciso, che comprende di essere stato sconfitto e offre la sua testa al colpo finale. Che bella gente!,che spiriti!, che anime!
Torniamo ancora una volta alla nostra epoca, il Magua dei nostri tempi è stato sconfitto, è ferito, ferito ma vivo” Noooo, ti prego non uccidermi, io non volevo uccidere Uncas” “é stata una fatalità” “Aspetta, aspetta, guarda qui, la mia carta di credito, è tua se vuoi” “Tieni, tieni il cellulare, è un Nokia” “Lasciami vivere ti prego, sarò il tuo schiavo per sempre“Per non aggiungere di peggio come offerte sessuali ecc ecc
Poveri noi, ripeto quello già ribadito tante volte, noi non siamo più uomini, siamo dei patetici mutanti, scialbe comparse e a testimoniare la mia affermazione sono sufficienti i tanti commenti al film di alcuni critici che hanno parlato di “ingenua forza dei grandi sentimenti“. Una mera, penosa, tra l’altro compiuta da “intellettuali” accettazione della “pochezza” Che bestemmia intellettuale, va bene sarà pur ingenua come dite voi ma ti penetra nell’anima come un trapano, ti coinvolge in tutto il tuo essere , ti scuote dall’abituale torpore e ti riaccende i sentimenti . Sarete critici bravi nel vostro lavoro ma siete poca sostanza se riuscite a restare sordi ad un richiamo così potente a quel qualcosa di spirituale che se pur nascosto, avvilito, schiacciato resta prepotentemente vivo nella nostra anima per rinfiammarsi quasi con violenza ogni volta che viene rispolverato.
Come facciamo a non capire che quella reminscenza siamo noi, che quella genetica emozione spirituale pur con le nostre continue offese, il vilipendio, il tentativo di cancellarlo dal nostro DNA continua a vivere, non muore, resta immobile dimenticata per giorni e giorni e poi improvvisamente riemerge in tutta la sua integrità è il nostro faro conduttore, la luce nel buio, il sentiero Come dice Guccini in Cyrano, sua splendida canzone”prendetevi la ghiande, lasciatemi le ali” altro che “ingenuità dei grandi sentimenti“, tutt’altro, è invece l’unico punto fermo, l’unico segnale costante e chiaro nella confusione da seguire anche a costo della stessa nostra vita perchè senza di lui è già “non vita”