Valle Bormida: Reg. Giarone Bubbio (At).
In attesa inizio dei lavori di contenimento fiume Bormida di Millesimo.
Motivazioni di base.
Approvato il progetto di contenimento delle acque della Bormida di Millesimo in seguito alle spaventose e devastanti alluvioni del 1994 e nel 2016 che avevano pesantemente colpito la borgata di case di cui fa parte anche la mia, cioè la regione Giarone a Bubbio e le realtà produttive presenti in loco, in primis assoluto la Ditta Stampaggio Acciai Valle Bormida S.P.A.
La fiorente industria che conta poco meno di un centinaio di dipendenti è geograficamente localizzata proprio a poco distanza dal corso del fiume Bormida, in una posizione tale per cui in caso di piena viene a trovarsi proprio nel flusso della corrente.
Io, nell’alluvione del 1994, ero ancora impiegato nella Fabbrica per cui ho potuto verificare molto bene di persona i terribili danni causati dall’onda di piena.
Ci sono poi, sempre nei pressi del fiume e quindi a più alto rischio altre sedi di attività, il consorzio agrario, l’officina meccanica con esposizione auto ed attrezzi agricoli, il distributore di benzina, il vecchio mulino in disuso ma di sicuro interesse “storico”(con le macine ancora in pietra) testimone di una lunga e fiorente attività.
Più distante ma comunque colpito, anche se con minor gravità, dall’ alluvione del 1994 anche il vecchio laboratorio artigianale di mio padre e del nonno Becon, raro esempio di laboratorio artigianale da “carradore”, risalente ai primi anni del 900 e che siamo riusciti a mantenere intatto nei lavori di ristrutturazione del 2008 per realizzare il nostro piccolo Affittacamere Ca d’ Becon (appunto in ricordo del nonno).
Ovviamente poi tutte le realtà abitative, da quelle più vicine al fiume e quindi più coinvolte e danneggiate a quelle man mano più lontane, lungo la strada per Cassinasco dove l’ondata di piena è stata progressivamente meno disastrosa.
Ben venga quindi qualsiasi iniziativa a favore della salvaguardia dell’intera borgata Giarone da una nuova, speriamo improbabile o perlomeno lontanissima nel tempo, alluvione della zona.
Dubbi sul progetto del muro sul fiume Bormida
Sottolineata questa prioritaria e vitale importanza di realizzare un lavoro definitivo, mirato e duraturo siamo anche questa volta certi che il progetto già di per sé un po’arzigogolato e complicato abbia davvero preso nella dovuta considerazione il discorso d’ impatto ambientale?
Infatti il progetto prevede l’innalzamento della strada provinciale Asti- Alessandria nell’intero tratto che, dal grande bivio di Bubbio fiancheggia il corso d’acqua sino al naturale rialzo attuale della strada ad imbocco regione Infermiera.
L’innalzamento della strada sarebbe di oltre un metro con un ulteriore elevamento costituito da un muro alto nuovamente un metro mezzo, diciamo in tutto minimo 2 metri e mezzo.
A parte i tanti dubbi che ha fatto nascere tra gli abitanti del paese un progetto di simili dimensioni, l’innalzamento del livello e del manto stradale, con l’aggiunta della costruzione di un muro che deve per forza di cose molto robusto, ancorato con pali molti profondi e con una massiccia gettata in cemento è un lavoro davvero molto impegnativo. Senza parlare degli ovvi disagi causato al traffico dei veicoli.
Il progetto iniziale
La maggior parte dei paesani concordono nel ritenere che l’idea iniziale di allargare di parecchie decine di metri l’alveo del fiume dalla parte dell’argine opposto e di approfondirlo, oltre ad essere più efficace, sarebbe venuta a costare decisamente di meno.
Il motivo per cui, secondo il nuovo progetto, questa idea dell’allargamento non è attuabile proprio per i costi in quanto la terra asportata considerata potenzialmente inquinata a causa dell’alluvione (vedi Acna di Cengio) non si può utilizzare e spostare in altri siti per cui andrebbe portata in discarica con una spesa impensabile.
Su questa affermazione bisogna qualche considerazione è d’obbligo: 1°) Molti sono stati i privati che essendo possessori di orti famigliari tra l’altro a coltivazione biologica si sono sentiti in dovere di fare esaminare campioni del terreno alluvionato, tutti i risultati hanno negato la presenza di inquinanti.
2) Se, nonostante questa rassicurante indagine, si vuole ammettere che l’eccesso di scrupolo di utilizzare questa terra per la produzione in agricoltura o altri settori sia comunque giusto non si potrebbe impiegarla per alzare e ripristinare gli argini dove hanno ceduto e sono troppo bassi?
3) E’ facile prevedere oltretutto che, dopo l’innalzamento della strada e la costruzione del muro avendo disboscato gli argini opposti, per pulirli e favorire il decorso delle acque in caso di alluvioni della portata del 2016 e del 1994, la piena non trovando sfogo dalla parte del muro si riversi con tremenda potenza dalla parte opposta erodendo grandissime porzioni di quella terra che non si può spostare. Bene quella terra sarà “condotta” dal fiume ovunque sino ad arrivare forse al mare. Ma, strano a dirsi, questo va bene.
Nessun Compromesso Utile
Una delle caratteristiche più evidenti di questo progetto sembra essere l’assenza della ricerca di un compromesso utile, di una possibile mediazione fra le parti. Di un maggior ascolto di tutti gli interessati. C’è stata in comune un unica, mal promossa riunione e si è deciso così, punto e basta.
Partendo dalla priorità indiscutibile di salvaguardare ovviamente la zona abitata e quella industriale resta comunque il fatto che quando ci sarà il muro l’imponente massa d’acqua che prima trovava sfogo appunto in tutta la pianura della borgata Giarone sarà obbligata a riversarsi sulla zona di pianura opposta adibita ad attività agricola.
Sembra che non si sia nemmeno minimamente affrontato e preso in considerazione la tutela e gli interessi dei tanti proprietari agricoli di questa zona. Zona che comprende centinaia di ettari che se nelle ultime due alluvioni hanno subito danni ingenti,con la presenza del muro in caso di una nuova alluvione delle stesse dimensioni subirebbero danni di una gravità incalcolabile.
Danni e rischi inoltre elevati esponenzialmente dall’avvenuto disboscamento effettuato dagli enti pubblici (in certe zone a tappeto) degli argini del fiume.
Infatti se da un lato, la presenza di alberi comportava un ostacolo e possibile barriera al deflusso delle acque, con il relativo rischio di creazione di pericolose dighe, dall’altro argini del tutto spogli di vegetazione causano un notevole aumento della velocità del fiume che non trova più ostacoli a frenare la sua impetuosa corsa.
Inoltre questo aumento di velocità significa aumento di potenza d’erosione che unita alla penosa mancanza di radici in grado di compattare e rinforzare le sponde rappresenta in ogni alluvione asportazioni di terreno di difficile quantificazione.
Terreno che oltre ad ingigantire la portata e la forza del fiume viene trascinato più a valle e rilasciato magari dove ce ne sarebbe meno bisogno.
Con questo non intendo dire che non sia stata corretta la “pulizia degli argini” anzi sicuramente, soprattutto in certe zone, è un lavoro di primaria necessità ma sicuramente comportava un’attenzione e una lungimiranza nettamente superiore legata ad uno studio preciso di ogni particolare situazione territoriale.
Tornando al discorso generale ogni equivoco ribadiamo il concetto di banale comprensione che la tutela delle realtà abitative e delle sedi di attività industriale già solo per la presenza di persone al lavoro devono avere l’assoluta precedenza ma bisogna anche ricordare che per il contadino il terreno è la sede della sua attività ed unica fonte di reddito per la sua famiglia ,per cui merita una considerazione non meno attenta.
Queste sono le valutazioni corrette di una democrazia, il diritto al medesimo rispetto, alle pari esigenze e condizioni. In quest’ottica si è valutato davvero a priori con coscienza e senso di giustizia prima di scartarlo a priori qualche altro tipo di progetto che cercasse di conciliare gli interessi e la sicurezza di tutti tipo? Appunto magari quello sostenuto da molti di un allargamento e approfondimento dell’alveo che garantisse gli interessi degli abitanti del lato destro del fiume come quelli del lato sinistro.
Anche perché secondo l’opinione generale con l’ingente capitale risparmiato nella realizzazione di questo lavoro rispetto a quello dell’innalzamento della strada e costruzione del muro,molto più costoso, si sarebbero potuti, volendo, più che adeguatamente rimborsare quelle porzioni di terreno obbligatoriamente sottratti ai rispettivi proprietari nell’allargamento dell’alveo.
Inoltre come già detto, avendo ripulito gli argini dalla vegetazione ed avendo dove il fiume li aveva già gravemente erosi ripristinato i medesimi con materiale senza alcuna forza di adesione la piena ne farà un sol boccone continuando per di più l’erosione in larghezza.
Io ho un pò come l’impressione che si sia appunto innanzitutto badato a dare il “contentino” alla S. p. a. Valbormida acciai ancora prima della borgata Giarone.
E siccome qualcuno dei lettori potrebbe conoscere la mia storia ed i problemi di tipo umano e lavorativo avuti con la medesima e per questo accusarmi di avere motivazioni personali di vecchio rancore, premetto in tutta serenità che questa opinione sarebbe del tutta pretestuosa e non vera. Ho sempre cercato con costanza maniacale in tutte le mie considerazioni in politica, nella religione, nello sport, in società ect, ect, di mantenere equilibrio e obiettività nelle mie riflessioni.
E poi sono il primo a capire che una realtà industriale che da lavoro quasi un centinaio di dipendenti è un capitale ed un valore aggiunto per tutta la valle di grande importanza e che quindi va tutelato con attenzione e poi come ho già detto, essendo nel 1994, ancora presente come dipendente in ditta, ho potuto toccare con mano quale catastrofico ammontare di danni causa un evento del genere in uno spazio industriale di quelle dimensioni.
Però resto con questa brutta impressione, con questa confusa sensazione che anche questa volta ci sia una sorta di sopraffazione del forte sul debole o meglio l’antica, consueta abitudine ad usare un diverso metro di valutazione nelle decisioni e che per l’ennesima volta ci siano poco trasparenti e di difficile lettura interessi privati di varia natura e collocazione.
Valle Bormida: Tutela paesaggistica
Nel pratico tornando alla base iniziale del discorso speriamo che davvero ci sia la dovuta attenzione ad evitare lo snaturamento paesaggistico ed a preservare e possibilmente migliorare la bellezza ed il valore intrinseco del luogo.
Che non si debba arrivando uscendo dall’ultima curva della discesa che da Cassinasco porta a Bubbio e che immette nel tratto di rettilineo sui cui fianchi corrono verso la direzione del fiume le ultime case della borgata Giarone avere quel tuffo doloroso di negativo stupore che si ha appunto davanti ad ogni costruzione kitch che s’ incontri.
Che non si debba avere quella sensazione di serra di nebbia che generalmente da il trovarsi improvvisamente un muro davanti, quell’effetto trave appesa nel vuoto futuristicamente e penosamente inserito in un ambiente completamente naturale.
Soprattutto perché la fabbrica stampaggio Acciai anche con la sua altissima, preziosissima valenza di arricchimento economico di cui gode gran parte della valle, di bello e piacevole da vedersi non ha portato e non porta proprio niente, anzi.
Da sentirsi con il suo infernale sferragliamento, soprattutto quando è notturno, meno ancora.
Allora speriamo che i progettisti, le strutture pubbliche, i vari esperti incaricati riescano ad attribuire questa stridente mancanza ad un opera e ad un “muro bellissimo” ricordandosi che ci sarà ben qualche motivo se siamo considerati il paese più bello del Mondo e se la zona a ridosso della valle Bormida è patrimonio Unesco dal 2014.
E poi la considerazione più banale ma di sicura previsione è che la fabbrica a cui vanno tutti i nostri complimenti per aver saputo distinguersi e crescere nel tempo, rinnovarsi e riconvertirsi, stare al passo con le esigenze di ammodernamento diventando una ditta leader nel settore dello stampaggio comunque difficilmente sopravviverà alla vita del muro.
Nessuno può escludere anche augurandogli ancora una lunghissima vitalità che scompaia magari in pochi decenni, magari al ritiro dall’attività del suo attuale amministratore o per altro motivi congeniti od esterni.
Quindi non bisogna realizzare un opera a misura di fabbrica ma un opera a misura di uomo.